Chirurgia Mininvasiva & Robotica
IL FUTURO È ADESSO
La chirurgia vertebrale mininvasiva ha conosciuto negli ultimi anni una importante evoluzione, grazie allo sviluppo incessante di tecnologie di alto livello, ed alla messa a punto di tecniche chirurgiche innovative che consentono di eseguire correzioni significative sul rachide, con incisioni cutanee sempre più limitate, con maggior rispetto dell’integrità della muscolatura e con una serie di vantaggi per il paziente in termini di riduzione dei tempi operatori, del rischio di sanguinamento e dei tempi di degenza. La nuova frontiera in questo campo è l’applicazione della robotica nell’esecuzione della procedura chirurgica.
A chi è rivolta?
Ai pazienti giovani, soprattutto se sportivi ed atletici, poiché consente una rapida mobilizzazione, uno scarso dolore postoperatorio, e quindi un ritorno precoce al lavoro ed alle attività sportive, anche professionistiche.
Ai pazienti anziani poiché, se correttamente selezionati, una minor esposizione dei tessuti, ferite chirurgiche limitate, tempi operatori ridotti, ridotta degenza ospedaliera, consentono di offrire una chirurgia sicura con rischio di sanguinamento e di infezioni sensibilmente ridotti, quindi paradossalmente adatti anche a pazienti più fragili poiché anziani o affetti da varie comorbidità.
Quando affrontare un percorso chirurgico per una problematica relativa alla colonna vertebrale?
Il problema delle indicazioni in chirurgia vertebrale è ancora un nodo cardine da discutere e sul quale ad oggi non vi è comune accordo in Letteratura. La mancanza di dati statisticamente significativi ed applicabili alla popolazione su larga scala non consentono di ottenere linee guida scientificamente valide (indicazioni di Classe A secondo la EBM, Evidence Based Medicine), ma soltanto Raccomandazioni (Classe C, secondo la EBM). Questo comporta che buon senso ed esperienza guidino il Professionista nel consigliare il miglior percorso per il paziente.
Volendo semplificare al massimo, ed in linea assolutamente generale, ha senso proporre al paziente un percorso chirurgico come prima opzione di trattamento solo in caso di patologia oncologica, vascolare e traumatica, oppure in caso di presenza di deficit neurologico (deficit di forza ad un arto, paraparesi, tetra paresi, etc.). In tutti gli altri casi, cioè fortunatamente nella stragrande maggioranza viceversa, questo tipo di indicazione deve essere assolutamente proposta come ultimo step di un percorso non chirurgico al quale sottoporre il paziente, che si sia verificato fallimentare o inutile.
In parole povere, per curare bene ad esempio la lombalgia da carico (il mal di schiena per intenderci), occorre studiare adeguatamente il paziente ed affrontare con lui per prima cosa un percorso conservativo mirato al miglioramento dello stile di vita, alla riduzione del peso corporeo eventualmente in eccesso, al ripristino del tono
muscolare mediante adeguata ginnastica correttiva, fisioterapia e rieducazione posturale globale. Dopo verifica dei risultati ottenuti, in caso di mancata risoluzione clinica ci si potrà affidare alla terapia antalgica sia sistemica che infiltrativa e solo dopo averne verificato l’eventuale fallimento, indirizzare il paziente verso una soluzione chirurgica. In genere seguendo una metodica sistematica e rigorosamente personalizzata sulle caratteristiche del paziente, in oltre l’80% dei casi la chirurgia è evitabile. In caso contrario è doveroso pretendere il massimo in termini di utilizzo di materiali di alta qualità, di soluzioni tecniche innovative e perché no di ridotta invasività per il paziente.
Quanto sono importanti i materiali da utilizzare?
La scelta del materiale giusto pensando ai mezzi di sintesi che impianteremo sul nostro paziente è un aspetto per me di grande rilevanza. Non tutti i materiali offrono lo stesso risultato, non tutti sono assimilabili in termini ad esempio di modulo di elasticità, capacità di osteointegrazione, resistenza allo stress da torsione, etc. Per fare alcuni esempi, oggi come oggi il top se pensiamo ai dispositivi di sostituzione del disco intervertebrale è il Tantalio trabecolare, che offre un’altissima capacità di osteointegrazione favorendo in tempi brevi la fusione ossea; subito a ruota penso al Titanio 3D che ha caratteristiche simili ma non sovrapponibili al tantalio. Per le viti e le barre da artrodesi posteriore invece il materiale veramente innovativo è il carbonio: è un materiale che rispetto al più utilizzato titanio non presenta artefatti TC o RM percepibili. Questo significa che ad esempio in un paziente oncologico tali mezzi di sintesi consentiranno di poter monitorare con la Risonanza magnetica senza artefatti da metallo l’andamento
della malattia, l’eventuale sua ripresa, la bontà della resezione chirurgica; in caso invece di necessità di trattamento radioterapico il carbonio non darà artefatti e quindi il raggio ionizzante potrà essere indirizzato sulla regione anatomica da trattare in modo più efficace e sicuro e senza dispersione di energia.
In ogni caso personalizzare il più possibile e nei minimi dettagli il tipo di intervento chirurgico sulle esigenze e le caratteristiche del paziente è la chiave per limitare le complicanze ed ottenere buoni risultati da questo tipo di chirurgia.
Da questo discorso sembra quasi di capire che sia più importante la pianificazione che non l’esecuzione di un intervento di chirurgia vertebrale, Lei cosa ne pensa?
Esattamente. Per carità, il gesto chirurgico è importante e deve essere eseguito correttamente. Per questo motivo conta molto l’esperienza sul campo ed la frequenza con la quale un chirurgo effettua una data procedura. Ma in questo particolare settore della medicina, lo studio dettagliato del paziente e della sua patologia, una pianificazione “maniacale” del tipo di procedura che dovremo effettuare, la scelta della tecnica chirurgica da utilizzare, la scelta del tipo di materiale, tutti questi particolari insieme rendono unica quel tipo di procedura ed univocamente legata a quel singolo paziente.
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Non commettere errori in questa fase di pianificazione e “decision making” è a mio avviso molto spesso ben più difficile dell’esecuzione stessa dell’intervento chirurgico.
Una volta pianificato un intervento alla colonna, cosa lo rende mininvasivo?
La mininvasività in chirurgia vertebrale è un concetto da comprendere nel modo corretto. Partiamo dalla definizione di mininvasivo: è poco invasiva una procedura chirurgica che consenta di accedere nel nostro caso al rachide mediante incisioni cutanee limitate, traumatizzando il meno possibile la muscolatura che sostiene lo scheletro, minimizzando le perdite ematiche. Questo non significa che si effettuino in questo modo interventi più “leggeri” o “meno rischiosi” o che le correzioni che otteniamo siano “meno significative” della chirurgia tradizionalmente intesa come “open”. Per questo ha senso proporre una chirurgia mininvasiva del rachide solo in casi ben selezionati.
Detto questo, l’utilizzo di tecniche chirurgiche nuove che sfruttano corridoi anatomici alternativi al classico approccio posteriore alla colonna, mi riferisco agli approcci anteriori e laterali al rachide (ALIF e XLIF) effettuati mediante tecnica mininvasiva ed associati alla tecnica percutanea del posizionamento delle viti consente realmente di ridurre il rischio di sanguinamento, i tempi di degenza e di recupero; questo a fronte di una chirurgia raffinata, tecnicamente più difficile e sostenuta dalle recenti innovazioni tecnologiche.
ALIF e XLIF? Cosa significano queste sigle?
Sono gli acronimi anglosassoni di Anterior Lumbar Interbody Fusion (ALIF) ed Extreme Lateral Interbody Fusion (XLIF): in sostanza si tratta di mini-accessi anteriori e laterali al rachide toracico e lombare che sfruttando corridoi anatomici retro pleurici o retro peritoneali consentono di approcciare la colonna per via anteriore o per via laterale, sostituendo il disco intervertebrale causa del dolore del paziente e correggendo il suo assetto mediante l’utilizzo di protesi (cage) di forma, dimensioni, angolazione, e materiale ad hoc, senza traumatizzare il substrato muscolare del paziente. Questo in genere comporta un dolore postoperatorio molto ridotto e tempi di recupero molto più brevi.
Quindi la chirurgia mininvasiva del rachide è meno rischiosa?
Assolutamente no. Si riducono solo i rischi relativi alla possibilità di sanguinamento o di infezione, paradossalmente si aggiungono sulla base del tipo di approccio, i rischi relativi alla lesione dei grossi vasi (arterie e vene iliache, aorta e vena cava, etc) ed al sistema nervoso periferico e autonomico (ad esempio il plesso lombare contenuto nello psoas relativo all’approccio lombare laterale o disturbi della sfera sessuale legati all’approccio anteriore al rachide lombosacrale). Ovviamente tutti i rischi legati alla chirurgia devono essere preventivamente discussi e condivisi con il paziente e facendo un bilancio rischio/beneficio questo deve necessariamente essere a favore del beneficio. La cosa più importante da capire è che non esiste chirurgia a rischio zero; esistono procedure chirurgiche più o meno rischiose, tutte praticabili, tutte da condividere con un paziente realmente bene informato dal suo professionista di riferimento. Ancor più importante di questo aspetto comunque è il saper gestire correttamente e tempestivamente tutte le possibili complicanze.
Robotica e Chirurgica Spinale: moda del momento o applicazione di reale efficacia?
Già da qualche anno si è tentato di far fare alla macchina ciò che prima faceva l’uomo. Rispetto alla chirurgia generale per la quale ad esempio il Robot Da Vinci ha rivoluzionato letteralmente il modo di affrontare certi interventi, in chirurgia vertebrale il discorso è stato diverso, per certi aspetti più lento e difficoltoso. Oggi però, grazie ad una nuova tecnologia GPS sviluppata ad hoc per le caratteristiche della patologia della colonna, si è in grado di essere assistiti durante la chirurgia da un braccio robotico che compie per noi tutta una serie di movimenti routinari, ma con estrema precisione e quasi azzerando di fatto la possibilità di errore. Questo però non sminuisce il chirurgo, tuttaltro. Se l’uomo non pianifica correttamente la procedura e non la segue durante la sua esecuzione la macchina da sola non è in grado di fare niente. Questo tipo di tecnologia di ultimissima generazione consente inoltre di poter seguire su un monitor tutte le fasi dell’intervento, con un sistema di navigazione integrato e di modeling tridimensionale che fanno sì che si possano effettuare tutta una serie di manovre attraverso incisioni chirurgiche ridottissime, controllandone la corretta esecuzione mediante il sistema di navigazione. Il tutto senza esposizione né per il paziente né per il personale di sala operatoria alle radiazioni ionizzanti derivate dai raggi X, ampiamente utilizzati in sala operatoria per gli interventi di chirurgia vertebrale. Questa tecnologia, già utilizzata negli Stati Uniti con risultati molto promettenti, potrebbe rivoluzionare anche il mondo della chirurgia vertebrale se ci mostreremo aperti all’innovazione e pronti ad accogliere un modo diverso di lavorare. Questa è la sfida del prossimo futuro e sicuramente un campo ancora poco esplorato ove fare esperienza.
Quali sono i centri in Italia che offrono questo tipo di Chirurgia Robotica?
In Italia questa rivoluzione sta arrivando adesso per cui ad oggi la Chirurgia Vertebrale Mininvasiva in Robotica è offerta in non più di un paio di centri privati del nord italia. Entro la fine dell’anno, grazie alla partnership in esclusiva con la Struttura Ospedaliera Privata San Rossore a Pisa, conto che potremo effettuare la prima procedura in robotica del centro-sud italia. Per questo motivo sto lavorando molto con l’obiettivo di alzare il livello tecnologico e qualitativo della chirurgia da offrire ai miei pazienti e quelli di altri colleghi che vogliano mediante la condivisione di questa mia esperienza, affrontare un percorso in tal senso.